Venerdì 27 maggio è stata inaugurata la 15. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Reporting from the front è il titolo scelto dal curatore Alejandro Aravena; cinque le principali frontiere dell’architettura proposte ed approfondite in quest’edizione: il recupero, i grandi mutamenti sociali, il ritorno ai saperi costruttivi tradizionali, la rigenerazione urbana, la tecnica costruttiva.
Quest’anno la Biennale dà un monito etico per un approccio più responsabile alle sfide della professione: sostenibilità, recupero, riuso, rigenerazione urbana, …
L’architetto va inteso come il componente catalizzatore di un gruppo coordinato che condivida l’intesa per il bene comune, e non più come deus ex machina dello star system.
Tra le tante proposte internazionali
che ci hanno più colpito:
Padiglione Italia / TAKING CARE: architettura consapevole al servizio del bene comune. Cos’è il bene comune? Superato il concetto di pubblico/privato, il bene comune viene riconosciuto dalla comunità che se ne prende cura, non solo come oggetto architettonico ma anche come insieme di relazioni/azioni.
Allestimento efficace a basso costo realizzato grazie al riutilizzo di pannelli in X-Lam provenienti dallo smontaggio del Padiglione Irlandese di Expo 2015. Interessante il design per la sosta del giardino esterno.
Padiglione Turchia / Baştarda ISTANBUL: il gigantesco vascello costruito con centinaia di pezzi provenienti da imbarcazioni dismesse dell’arsenale di Istanbul propone un progetto estetico preliminare a qualsiasi progetto di recupero delle antiche darsene sul Bosforo.
Tadao Ando / l’esemplare intervento di recupero e trasformazione della Punta della Dogana ai fini museali restituito tramite un affascinante plastico a scala urbana.
Luigi Snozzi / l’idealismo dell’architetto esplicato nelle sette regole per il Piano regolatore di Monte Carasso del 1978, ispirato dal motto VIVA LA RESISTENZA ripresa da una considerazione di Max Frisch che ci ammonisce di non permettere che il nostro mondo diventi dominato dal pensiero tecnico, ma di resistere..
Maisha Film Garden / la sede del Maisha Film Lab in Uganda è una scuola di formazione per registi dell’Africa orientale; i progettisti TAMassociati disegnano un giardino aperto al pubblico come metafora dello sviluppo della vita attraverso una sequenza di un film.
L’edificio cita Villa Malaparte a Capri ed ha una copertura a terrazza che segue il movimento delle volte dei soffitti. Tutto è costruito con mattoni a vista prodotti in loco.
Qui il programma della Biennale, visitabile dal 28 maggio al 27 novembre 2016.